“Sì allo Spritz, no al lavoro”, ristoratori senza personale: colpa del reddito di cittadinanza

La denuncia dei ristoratori, che lamentano carenza di lavoratori: “Il reddito di cittadinanza non incentiva la ricerca di personale, siamo in grande difficoltà”. La verità però sta nel mezzo. 

Carenza di lavoro o scarsa voglia di rimboccarsi le maniche? La pandemia ha creato l’ennesimo solco nell’Italia delle contraddizioni, divisa fra chi ha fato i conti con le chiusure e chi invece sembra immune dagli effetti dei decreti. Ora che tutto è (quasi) tornato alla normalità, e in attesa di capire per quanto tempo ancora, c’è una categoria che si trova a fare i conti con la seconda ondata di effetti sul lavoro.

É quella relativa alla carenza di personale, che sta condizionando l’avvio della stagione estiva. Quella in cui per molti era facile trovare fonti di guadagno, anche a costo di allontanarsi da casa per rimediare qualche stipendio. I ristoratori denunciano un’inversione di rotta. C’è carenza di personale, contrariamente a qualche anno fa. E tutto ciò, dopo mesi di chiusure, sembra un paradosso “in salsa italiana”. Colpa del reddito di cittadinanza, almeno per alcuni professionisti del settore. Ma cosa c’è di vero?

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Ristoratori senza personale: “É colpa del reddito di cittadinanza”. C’è chi dice il contrario.

La denuncia è netta. E non è la prima volta che mette in discussione il reddito di cittadinanza. Fonte necessaria per qualcuno, rimedio alla scarsa voglia di lavorare per altri. Intanto alcuni imprenditori leccesi raccontano il loro punto di vista. “É inammissibile che in un paese dall’alto tasso di disoccupazione – si legge nella denuncia Facebook – ci siano persone che non vogliano lavorare. Forse è più comodo stare a casa o gustare uno Spritz grazie al Reddito di Cittadinanza o ai bonus famiglia e alla disoccupazione”. 

Si riapre quindi il problema dell’assistenzialismo, che secondo alcuni dati avrebbe creato il caos nel mondo del lavoro. Sono sempre di più infatti le persone che scelgono di aderire alle varie campagne per sostenere chi è senza lavoro. La tendenza parte infatti dal 2017, con curriculum calati, ricerca di impiego drasticamente ridotta, ambiti lavorativi dove la richiesta è pressoché azzerata. Il dibattito si allarga. Di contro ci sono infatti le criticità sottolineate dall’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali, che svelano difficoltà nel percepire i compensi, salari bassi, orari pesanti. Se a queste si sommano le richieste di alcuni lavoratori, che chiedono di effettuare prestazioni a nero per non perdere i benefici statali, il quadro diventa complesso. La domanda però è una sola. Considerando che la media del Reddito di Cittadinanza è poco meno di 600 euro, davvero c’è una fetta di popolazione pronta a vivere in soglia di semi povertà pur di non rimboccarsi le maniche? La verità sta nel mezzo. Ma in quel solco che rende il lavoro in Italia un problema pesante, ci sono tutte le risposte per rialzare una nazione in netta difficoltà.

 

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