Roberta Repetto, morte per tumore curato con tisane: parla la sorella

La tragica storia di Roberta Repetto invita a riflettere e lascia molti punti di domanda. La donna è morta per l’asportazione di un neo.

Roberta Repetto
Roberta Repetto insieme alla sorella Rita

L’avevano curata con tisane e meditazione dopo averle asportato un neo in cucina, sottovalutando un melanoma che le sarebbe costato la vita a soli 40 anni. Il Centro Anidra di Borzonasca era finito al centro di tutte le cronache, abbiamo deciso così di lasciare parola alla sorella anche se sarà la legge a evidenziare alla fine cosa è realmente accaduto e quali saranno le conseguenze di quella che a prescindere rimarrà una tragedia. 

Roberta Repetto, parla la sorella

Lasciamo la parola a Rita, la sorella di Roberta Repetto che sta portando avanti con la sua famiglia una battaglia per ottenere almeno la giustizia: “Mia sorella era laureata, brillante, intelligente, bella, simpatica e ironica. E molto generosa. Era ricca di talenti: disegnava, cucinava, scriveva storie per bambini, insegnava yoga, produceva saponi, fabbricava cestini, cuciva, lavorava la ceramica. Amava i suoi 5 nipoti. Semplicemente 13 anni fa ha deciso di VOLER MIGLIORARE SE STESSA, e per farlo si è affidata alla gente sbagliata. Può accadere a chiunque. Roberta si è ritrovata così in una comunità con cui riteneva di avere qualcosa in comune: tanti interessi, ma soprattutto la possibilità di MIGLIORARE la propria vita”.

La donna sembrava cambiare in meglio: “Fin da subito appare rapita da questa energia nuova. Ne parla ad amici e ovviamente a noi familiari, ma ogni volta che proviamo a fare una domanda scomoda o a mettere in dubbio le poche cose che condivide con noi aumenta la distanza perché persone che non possono capire ciò che avviene al centro. Nonostante Roberta lavori con nostro padre, pranzi una volta alla settimana con nostra madre, prontissima ad andare anche al centro per passare un po’ di tempo con lei, i rapporti fra lei e noi si allentano ogni giorno di più specialmente se poniamo domande scomode o se mostriamo preoccupazione per il suo “nuovo” stile di vita. Litighiamo spesso io e mia sorella, non accetto che una persona intelligente come lei non applichi senso critico nelle sue scelte per questo cerca di evitarmi, nonostante insieme avessimo fondato un nostro centro yoga”.

Il suo percorso va avanti: “Intanto il suo percorso al centro continua, aumenta l’ INSICUREZZA, la sua AUTOSTIMA vacilla, l’unico che la ama e può indicarle la via dell’illuminazione è il MAESTRO. Roberta ostenta serenità, ci invita agli eventi pubblici del centro, lasciando senza risposte le domande relative ai seminari per la cosiddetta crescita personale, con silenzi tipici delle situazioni dove il GURU decide ciò che va condiviso e con chi. Passano gli anni, l’integrazione al centro continua attraverso lavori gratuiti e molto pesanti come turni in cucina interminabili e la costruzione della casa di paglia. Compra una roulotte per poter avere un alloggio molto vicino al centro. Arriva il 2020, sceglie di passare il lockdown al centro, anche dopo la incontriamo sporadicamente, mia madre pur di vederla passa dal centro un paio di volte per passare un po’ di tempo con lei, io la incontro solamente in due occasioni, ma sempre di sfuggita, e mai mi parla o racconta o accenna ai suoi malesseri. Mai in queste due occasioni, mai nei due anni precedenti ne a me ne ai miei genitori. Saremmo prontamente intervenuti, l’avremmo riempita di attenzioni e preoccupazioni, non le avremmo dato tregua e lei questo lo sapeva a parer mio, lei questo non lo voleva. Voleva affrontare il suo percorso di purificazione, lei credeva in questo, in quanto ormai completamente manipolata e plagiata, solamente in compagnia dei personaggi di cui lei si fidava. L’ultima settimana di settembre nessuno ci fa sapere nulla del suo pessimo stato di salute. La recuperiamo in condizioni ormai tragiche il 1° ottobre io e mio papà, la portiamo al Pronto Soccorso dell’ospedale di Lavagna e da lì in poi inizia il calvario dell’ultima settimana. Io e i miei genitori ci siamo sentiti in dovere di denunciare l’accaduto non per vendetta ma perché la giustizia possa fare luce in una tragedia così terribile e con la speranza che ciò non accada più ad altre ragazze, che come tutti noi possono attraversare un momento di fragilità nella propria vita”.

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