A Roma diverse occupazioni sono state svuotate col Comune che ha assegnato numerose case popolari. Abbiamo raccolto il racconto del figlio di una donna romana.
“Nel 2010 mio padre perse il lavoro e dopo il suo suicidio mi ritrovai gettato con mia madre in un inferno di debiti e senza soldi per pagarci un affitto. Non avevo più un posto dove vivere, ma riuscii a mettere insieme il pranzo con la cena e un tetto dignitoso sopra la testa. Mia madre però decise che l’occupazione sarebbe diventata casa sua, non ne sentì di voler venire a lottare con me dentro quel monolocale a 550 euro al mese. Lì dentro conobbe un uomo africano che inizialmente sembrava una brava persona ma che poi si è rivelato tutt’altro”. La voce è rotta dal pianto di questo ragazzo racconta il dolore per un mondo sfasciato dall’indifferenza di chi aveva il compito di aiutare e chi ha invece approfittato della fragilità di sua madre.
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“Le notti insonne, la paura dello sgombro immediato, i picchetti a controllare le entrate con la paura che qualcuno la buttasse per strada. È stato un incubo quello che ha vissuto mia madre e quello che ho vissuto al suo fianco prima che un uomo tanto crudele me l’allontanasse plagiando la sua mente e portandola alla conversione verso l’Islam”. È una storia di grande sofferenza, ma che si conclude con un lieto fine: “Dopo quasi 10 anni però mia madre, nonostante quell’uomo se lo porti ancora dietro, ha ottenuto una casa popolare dove ricostruire un futuro sereno”.
Il pianto di un ragazzo: “La mia famiglia rovinata”
“Non dirò molto altro, ma la mia famiglia è stata rovinata da quell’occupazione. All’interno di quello che sembrava, apparentemente, un nucleo famigliare multietnico si nascondeva spaccio, prostituzione e ogni altro tipo di nefandezza. Mia madre ha avuto solo la sfortuna di incontrare la persona sbagliata in un momento di grande fragilità e questo l’ha portata a fare uno sbaglio dietro l’altro. E pensare che quest’uomo che ha accanto ha anche due figli in Africa, ma ha preferito campare sulle spalle di una donna che per 400 euro al mese fa le pulizie delle scuole che stare con loro a cercare di dargli un minimo di speranza nel futuro”. Il ragazzo non sembra capace di continuare il suo racconto, consapevole che alla fine quello che ne è uscito è in parte un’ingiustizia: “Mi è capitato di conoscere là dentro anche gente per bene, famiglie che non avevano la forza per rialzarsi, ma purtroppo la maggior parte delle persone non aveva voglia di trovarsi un lavoro. Si trovava a rifiutare di rimboccarsi le maniche, cercando guadagni facili tra furtarello della giornata e qualche ragazzino disgraziato portato sulla strada della droga”.
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E se per sua madre è arrivato il meritato riconoscimento sono tanti altri quelli che hanno fatto i furbetti: “Pensate, c’era una famiglia dell’est che aveva un’attività, non so bene sotto che regime, ma che nonostante vivesse di lauti guadagni aveva occupato sottolineando che la casa era un diritto. Che nessuno debba rimanere a dormire sotto un ponte non va neanche detto, perché è così scontato che sembra retorica. Ma vi assicuro che là dentro ne ho viste di cotte e di crude e a pensare a tutte quelle persone, italiane e non, costrette a vivere magari in macchina un po’ la delusione mi sale”.